Stamattina, 20 settembre 2011, sentendo la commossa e toccante orazione funebre del parroco della parrocchia di San Giulio, mi sono accorto di quanto bene avesse fatto mio zio, Aldo Renzi, nella sua vita. Il suo impegno per la parrocchia, il suo ruolo come amministratore di condomino e presidente del consorzio di via degli Orti Gianicolensi testimonia solo parzialmente il suo impegno. Fedele ai precetti della religione cristiana, che ha tenuto sempre come punto di riferimento nella sua vita, egli non si è mai ritirato in un’esistenza chiusa in sé stessa, ma ha sempre cercato di aprirsi agli altri. È questa sua voglia di fare, questo suo desiderio di rendersi utile è stata una delle molle che nel lontano 1992, riprendendo un’ispirazione di Sergio Menichetti, che lo portò a impegnarsi fortemente in un sogno, quello di creare un punto di raccolta per tutte le persone della nostra bella frazione, Casanova, che superasse i vecchi steccati e le vecchie rivalità tra le tre parti del paese. Un centro che potesse migliorare la qualità della vita, che favorisse l’aggregazione e che realizzasse delle strutture nelle quali i giovani e i meno giovani potessero ritrovarsi. E fu così che grazie al suo lavoro in prima persona e a quello i molti altri che credettero in questo sogno, nacque l’Associazione Culturale Casanova. Quello che per tanto tempo era stata un’idea venne a compimento e attraverso la sua guida e lo sforzo di tutto un paese e dei suoi abitanti si arrivò in breve tempo alla realizzazione del nostro bel campo sportivo, con le sue strutture che ne avrebbero ben presto determinato il successo.

Presidente fondatore dal 1992 al 2001, Aldo Renzi aveva fatto di questo campo sportivo e dell’Acc una delle sue creature più belle, riuscendo a coinvolgere tutti in uno sforzo comune, interagendo con l’amministrazione comunale dell’epoca e occupandosi di tutte quelle pratiche burocratiche senza le quali era impossibile realizzare l’impresa. Coadiuvato da consigli direttivi composti da gente attenta e desiderosa di fare qualcosa per il proprio paese, Aldo Renzi guidò l’Associazione con mano ferma, ma attento a creare quel clima di cordialità e di amicizia che era e resta alla base dell’Acc. A partire dal 1998 i problemi di salute, prima il ginocchio e poi la pressione, gli impedirono di seguire l’Associazione con l’attenzione che lui avrebbe voluto porre alla “sua” creatura.

Fu così che nel 2001, di comune accordo con lui, un gruppo di giovani decise di riprendere in mano l’Associazione, che negli ultimi due anni aveva visto decrescere il numero degli iscritti e cadere in un evidente abbandono.

Quest’estate, quando già sapevo della sua malattia, in uno dei nostri soliti incontri, nei quali parlavamo dell’Associazione della quale ha continuato a fare il rendiconto annuale fino a quest’estate, gli avevo fatto la battuta che se lui era stato presidente per otto anni, io lo ero stato per dieci. Lui, con indulgenza, rise della battuta. Ma sia io che lui sapevamo entrambi che gli anni in cui lui era stato presidente erano stati anni pionieristici, i più difficili, nei quali c’era stato bisogno di costruire, di abbattere vecchie e consolidate diffidenze, di riunire il paese e indirizzarlo verso un sforzo comune, per sé e per le generazioni future. Anni nei quali il suo impegno e quello degli altri era stato vitale perché questa struttura prendesse forma, si consolidasse e si avviasse ad essere la realtà che oggi conosciamo.

Ebbene domenica 18 settembre quando Aldo Renzi ci ha lasciato, ho compreso di aver perso non solo un zio, al quale mi legano tanti ricordi e una fede comune, ma una persona che in questi anni mi ha sempre consigliato, sostenuto, aiutato con il suo lavoro dietro le quinte. Una persona che, come mio nonno Guglielmo, ha fatto di me quello che oggi sono, con i pregi e i difetti, ma con la convinzione della necessità di impegnarsi per difendere le proprie idee e i progetti nei quali si crede. Una persona, Aldo Renzi, la cui scomparsa priverà noi tutti di qualcosa. Non fosse altro che il suo sorriso dolce, i suoi modi garbati, il suo essere sempre signore, malgrado i colpi che la vita non gli ha risparmiato.
Ciao Zio. Arrivederci caro Presidente.

Tuo nipote, Andrea