Antonio e poi Roberto o meglio Caporale e Robertone, perchè è così che li chiamavamo tutti!

Ci hanno lasciato a breve distanza l'uno dall'altro, due persone speciali, due persone che tutti conoscevano, due uomini unici nel loro piccolo grande mondo.

Il ricordo di Antonio, quello per me più vivo, è legato “alla Strava”, “il signore dietro a quel bancone altissimo”, dalla mia prospettiva di bambina, dell'osteria-tabaccheria, dove andavo con mamma e telefonare a papà che stava a Roma o a comprare ogni tanto le patatine e le caramelle. Crescendo la prospettiva è cambiata e con gli anni ho scoperto Antonio con la sua simpatia, la sua ironia e con la continua voglia di scherzare, quel sorriso dolce sotto al “nasone” e alle sue gote sempre rosse. Quest' estate sotto la veranda di casa ci siamo fatti un sacco di risate parlando dei soprannomi delle persone del paese, e mi diceva: “ma questo non lo scrivere perchè poi quello s'offende!” e giù a ridere! Mai avrei pensato che quel pomeriggio d'agosto, al fresco della veranda, tra l'ilarità dei presenti si sarebbe fermato il tempo dei miei ricordi di Antonio...

E che dire di Robertone, per me da sempre Zio Roberto, quello che da bambina mi portava a vedere le mucche e i vitelli appena nati alla stalla, che ci dava il latte appena munto, che ci faceva salire sul trattore, che ci dava la gazzosa all'osteria in piazza al Colle. Tanti i ricordi, quegl'occhi così grandi, quelle mani giganti che hanno conosciuto il lavoro e la fatica, quello guardo sempre schivo, sornione a tratti triste. Che gioia vederlo accennare quel timido sorriso quando Matteo, mio figlio, ha allungato la sua piccola mano per tirargli il pantalone perchè voleva salire sul trattore arancione...

Zio Roberto come Antonio sono quelle persone che lasciano il segno, che appartengono alla memoria storica del paese di Casanova, sono coloro che ci hanno visto crescere, sono coloro che ci hanno insegnato molto di più con i gesti e gli sguardi che con le parole. Ci mancheranno molto e il vuoto che lasciano è grande.

Abbraccio affettuosamente, e credo di farlo a nome di tutti coloro che li conoscevano, Maddalena, Barbara, Zia Vanda, Angela, Giuliana e Angelo.

Barbara B.

 

Ps. Il titolo è citazione di una frase di Adalberto Vannimartini che mi sono permessa di scrivere perchè esaustiva. Grazie Ada!

Stamattina, 20 settembre 2011, sentendo la commossa e toccante orazione funebre del parroco della parrocchia di San Giulio, mi sono accorto di quanto bene avesse fatto mio zio, Aldo Renzi, nella sua vita. Il suo impegno per la parrocchia, il suo ruolo come amministratore di condomino e presidente del consorzio di via degli Orti Gianicolensi testimonia solo parzialmente il suo impegno. Fedele ai precetti della religione cristiana, che ha tenuto sempre come punto di riferimento nella sua vita, egli non si è mai ritirato in un’esistenza chiusa in sé stessa, ma ha sempre cercato di aprirsi agli altri. È questa sua voglia di fare, questo suo desiderio di rendersi utile è stata una delle molle che nel lontano 1992, riprendendo un’ispirazione di Sergio Menichetti, che lo portò a impegnarsi fortemente in un sogno, quello di creare un punto di raccolta per tutte le persone della nostra bella frazione, Casanova, che superasse i vecchi steccati e le vecchie rivalità tra le tre parti del paese. Un centro che potesse migliorare la qualità della vita, che favorisse l’aggregazione e che realizzasse delle strutture nelle quali i giovani e i meno giovani potessero ritrovarsi. E fu così che grazie al suo lavoro in prima persona e a quello i molti altri che credettero in questo sogno, nacque l’Associazione Culturale Casanova. Quello che per tanto tempo era stata un’idea venne a compimento e attraverso la sua guida e lo sforzo di tutto un paese e dei suoi abitanti si arrivò in breve tempo alla realizzazione del nostro bel campo sportivo, con le sue strutture che ne avrebbero ben presto determinato il successo.

Presidente fondatore dal 1992 al 2001, Aldo Renzi aveva fatto di questo campo sportivo e dell’Acc una delle sue creature più belle, riuscendo a coinvolgere tutti in uno sforzo comune, interagendo con l’amministrazione comunale dell’epoca e occupandosi di tutte quelle pratiche burocratiche senza le quali era impossibile realizzare l’impresa. Coadiuvato da consigli direttivi composti da gente attenta e desiderosa di fare qualcosa per il proprio paese, Aldo Renzi guidò l’Associazione con mano ferma, ma attento a creare quel clima di cordialità e di amicizia che era e resta alla base dell’Acc. A partire dal 1998 i problemi di salute, prima il ginocchio e poi la pressione, gli impedirono di seguire l’Associazione con l’attenzione che lui avrebbe voluto porre alla “sua” creatura.

Fu così che nel 2001, di comune accordo con lui, un gruppo di giovani decise di riprendere in mano l’Associazione, che negli ultimi due anni aveva visto decrescere il numero degli iscritti e cadere in un evidente abbandono.

Quest’estate, quando già sapevo della sua malattia, in uno dei nostri soliti incontri, nei quali parlavamo dell’Associazione della quale ha continuato a fare il rendiconto annuale fino a quest’estate, gli avevo fatto la battuta che se lui era stato presidente per otto anni, io lo ero stato per dieci. Lui, con indulgenza, rise della battuta. Ma sia io che lui sapevamo entrambi che gli anni in cui lui era stato presidente erano stati anni pionieristici, i più difficili, nei quali c’era stato bisogno di costruire, di abbattere vecchie e consolidate diffidenze, di riunire il paese e indirizzarlo verso un sforzo comune, per sé e per le generazioni future. Anni nei quali il suo impegno e quello degli altri era stato vitale perché questa struttura prendesse forma, si consolidasse e si avviasse ad essere la realtà che oggi conosciamo.

Ebbene domenica 18 settembre quando Aldo Renzi ci ha lasciato, ho compreso di aver perso non solo un zio, al quale mi legano tanti ricordi e una fede comune, ma una persona che in questi anni mi ha sempre consigliato, sostenuto, aiutato con il suo lavoro dietro le quinte. Una persona che, come mio nonno Guglielmo, ha fatto di me quello che oggi sono, con i pregi e i difetti, ma con la convinzione della necessità di impegnarsi per difendere le proprie idee e i progetti nei quali si crede. Una persona, Aldo Renzi, la cui scomparsa priverà noi tutti di qualcosa. Non fosse altro che il suo sorriso dolce, i suoi modi garbati, il suo essere sempre signore, malgrado i colpi che la vita non gli ha risparmiato.
Ciao Zio. Arrivederci caro Presidente.

Tuo nipote, Andrea

Pochi giorni fa ci ha lasciato Vitaliano Felici. Dopo Giovanni Vannimartini, un’altra colonna dell’Associazione Culturale Casanova se ne è andata. Vitaliano è stato per lungo tempo un punto di riferimento per tutti noi, uno stimolo continuo a proseguire nello sforzo associativo, con l’obiettivo di migliorare la qualità della nostra Associazione e della nostra frazione. Ma Vitaliano, oltre a ricoprire questo ruolo in casa nostra, è stato un punto di riferimento anche per il Comune di Leonessa. Vitaliano, infatti, ha sempre cercato di preservare la memoria storica degli avvenimenti della strage nazista del 7 aprile 1944, sia attraverso la ricerca della documentazione storica e archivistica sia favorendo la rivalutazione del monumento ai caduti di quella terribile tragedia. Costante e imperterrita, poi, è stata la sua battaglia affinché a Leonessa venisse riconosciutala medaglia d’oro al Valor Civile.

 

Un impegno civile quello di Vitaliano che lo ha sempre caratterizzato e che ha ottenuto il riconoscimento di tutti, della nostra Associazione e del Sindaco di Leonessa.

Me lo ricordo, questi ultimi anni, sempre battagliero e attento alle problematiche del paese e del comune, malgrado gli ‘acciacchi’ e l’età si facessero sentire.


E mi ricordo anche il grande bene che ha sempre voluto alla sua famiglia; e a loro va, in questo momento di dolore, il nostro pensiero.

Un abbraccio forte.


A.Ungari e tutta la Comunità Casanovenga